Un’alternativa credibile...

07.06.2017 23:32

La globalizzazione non regolata ha seminato troppe insicurezze e paure, ora ulteriormente alimentate dall’aggirarsi di un nuovo spettro: un’innovazione tecnologica i cui effetti dirompenti e spiazzanti rischiano di mettere fuori gioco le persone con competenze inadeguate.

 

Le cifre delle persone con bassi livelli di competenze, a rischio di esclusione sociale, sono impressionanti. In Europa 64 milioni di soggetti, più di un quarto della popolazione compresa tra i 25 e i 64 anni, sono in possesso di un titolo di studio non superiore alla licenza media e, secondo l’indagine Ocse-Piaac, in 20 Stati membri la stessa proporzione di adulti si colloca al livello più basso delle competenze alfabetiche, matematiche e di risoluzione dei problemi in ambienti tecnologicamente avanzati, un livello considerato insufficiente per vivere e lavorare oggi.

 

In Italia le cose vanno anche peggio: quasi la metà della popolazione adulta arriva al massimo alla licenza media e circa il 70 per cento non padroneggia le competenze chiave per il lavoro e la cittadinanza. Non deve stupire se questa ampia fascia di popolazione si ritiene molto vulnerabile e se nutre scetticismo nei confronti delle opportunità offerte dalle società aperte e dall’innovazione tecnologica.

 

Su questo vasto e profondo malessere sociale sta sviluppandosi nel mercato politico una varietà di risposte populiste accomunate dall’illusione di possibili protezioni delle persone dai cambiamenti: redditi di cittadinanza per tutti, neo protezionismo, uscita dall’euro e ritorno della svalutazione competitiva, blocco dei flussi migratori. 

 

Un’alternativa credibile alle risposte fake di populisti e sovranisti è possibile solo realizzando nuove ed efficaci politiche inclusive, che promuovano il sostegno nelcambiamento. 

 

In questo senso, appaiono del tutto improbabili sia le riproposizioni delle formule neoliberali centrate sull’astratta espansione di nuove opportunità insite in ogni processo di innovazione, sia le utopie retrospettive fondate sulle nostalgie dei regimi rigidi di tutele e protezioni sviluppati nell’età dell’oro delle socialdemocrazie europee.

 

Occorre, invece, una nuova capacità di coniugare produzione e redistribuzione della ricchezza, un nuovo e più avanzato intreccio tra interventi di protezione e di attivazione delle persone, che sviluppi le capacità e le abilità necessarie per vivere e lavorare in contesti in continua transizione. 

 

Senza uno scatto di innovazione nelle politiche inclusive inevitabilmente prevarranno le ricette populiste, perché, come aveva già capito Oscar Wilde, l’impossibile è sempre preferito all’improbabile.