Turchia...
Il piano è fallito, come noto, ma il suo collasso in poche ore non autorizza a bollarlo di "golpe da operetta" (ripetiamo: dopo che gli stessi commentatori l'avevano dato per vittorioso). Per sua natura, un colpo di Stato così congegnato era destinato a vincere o abortire nel giro d'una notte, mancando della massa critica per condurre una lotta frontale contro le autorità. Tra i fattori che hanno determinato il fallimento del piano, si può citare il notevole ritardo nell'occupare la tv pubblica (almeno un'ora dopo aver bloccato i ponti sul Bosforo, in un'infelicissima scelta delle priorità), senza tra l'altro che nessun congiurato si presentasse col proprio volto e nome, proponendo l'immagine reale di un potere alternativo a quello di Erdoğan e dei suoi ministri e parlamentari. I quali invece sono stati tutt'altro che evanescenti, poiché non siamo più nel 1980 e nemmeno nel 1997, e ormai in Turchia ci sono numerosi canali televisivi e radiofonici. Per tutta la nottata, il governo ha saputo comunicare meglio dell'impalpabile "Comitato per la pace" che avrebbe dovuto rovesciarlo.
Erdoğan ha saputo mobilitare prontamente una parte della popolazione cospicua e agguerrita, come ha dimostrato nel bene e nel male, sfidando carri armati e autoblindo a mani nude, ma anche linciando militari golpisti caduti nelle sue mani. E questa mobilitazione Erdoğan l'ha ottenuta combinando strumenti moderni (si pensi alla videotelefonata con "Face Time" trasmessa in tv) a strumenti tradizionali (il richiamo dei muezzin, questa volta non alla preghiera ma alla manifestazione in piazza, è riecheggiato prontamente a Istanbul e Ankara). Questo succede quando s'unisce un partito politico di massa a una rete religiosa, il tutto in un contesto di popolazione giovane e devota.
I golpisti hanno perso davvero quando il comandante della Prima Armata (quella di Istanbul), Umit Dundar, per primo ha sconfessato il golpe e rimarcato la lealtà sua e dei suoi soldati alle istituzioni. In quel momento a tutti - alla popolazione, agli altri militari, persino ai soldati utilizzati come manovalanza dai congiurati e non necessariamente ben informati su quanto stesse accadendo - è apparso evidente come non si fosse di fronte a un vero golpe dei militari contro il governo, bensì al tentativo di una semplice fazione. Non a caso il Genrale Dundar è stato prontamente ricompensato con la promozione a Capo di Stato Maggiore.
A differenza di quanto scritto la mattina successiva al golpe da "Repubblica", non è vero che le dichiarazioni di Obama e della Merkel avrebbero avuto un ruolo nel determinare il fallimento del golpe. Entrambe sono arrivate solo quando esso era ormai evidente. Al contrario gli Usa sono stati molto ambigui nella prima dichiarazione di Kerry, che non ha preso posizione malgrado si trattasse dell'attacco a un governo formalmente alleato. A ciò si unisca il fatto che Gülen, principale indiziato della Turchia per il golpe, è ospitato dagli Usa stessi, e che nelle ore più concitate, quando la popolazione aveva cominciato a scendere in piazza contro i golpisti, la rete statunitense Nbc propagandava la notizia di improbabili fughe di Erdogan - evidentemente forgiata ad arte per scoraggiare la mobilitazione dei suoi sostenitori. E citava a sostegno niente meno che fonti militari statunitensi.
Non sorprende che ora la tensione tra Ankara e Washington sia palpabile. Il fallito golpe in Turchia è la pietra tombale su otto anni di fallimenti in politica estera dell'Amministrazione Obama.