La Città Metrapolitana...

10.07.2016 21:22

La legge riforma “Delrio” ha apportato cambiamenti all’ordinamento delle Province e stabilisce che, laddove esista una Città Metropolitana, la Provincia viene “sciolta” e fatta coincidere con la Città Metropolitana. Ma che cos’è la Città Metropolitana? E che storia ha in Italia?

Le città metropolitane esistono in numerosi Paesi e in tutti i continenti. Solo per citare tre noti esempi europei: la “Città-Stato” di Berlino, l’Area Metropolitana di Barcellona, la Greater London Authority.

Funzioneranno?

In questa prospettiva, quello che sembra sinora mancato non sono tanto le basi legislative ordinarie o l’ampiezza delle generali sfere di competenza, sulle quali si sta “facendo e disfacendo” dal 1990 e che restano grossomodo quelle delle “ordinarie” Province. A mancare è stata piuttosto l’incisività del ruolo di coordinamento della Provincia sul suo territorio, la profondità dell’azione, che però non può arrivare da modifiche nominalistiche o dell’Ente che ne assume la funzione e la responsabilità o degli elenchi delle azioni da portare avanti.

È difficile che l’incisività sinora inesistente possa arrivare dalle città metropolitane istituite col “Delrio”. Oltretutto, ci vorrà tempo per redigere e adottare gli Statuti delle città metropolitane, per insediare gli Organi (Sindaco Metropolitano e Consiglio Metropolitano), per decidere sui casi di Comuni che si avvalessero del comma primo dell’articolo 133 della Costituzione (modifica dei limiti provinciali e istituzione di nuove Province), o per valutare i casi di Comuni che decidessero di associarsi per “contrattare” meglio con la città metropolitana. 

I dubbi di fondo restano quelli già segnalati nel precedente commento comparso su Link Tank. E se invece si abolissero le Regioni e si rinforzassero le attuali (pre “Delrio”) Province? Il coordinamento territoriale, anche se più urgente nei 15 casi rientranti nel “Delrio”, è importante dovunque. Se in quei 15 casi la rilevanza viene dal fatto che si tratta di aree già sviluppate, popolose e trainanti sul piano economico, per gli altri casi gettare basi migliori di programmazione e coordinamento territoriale è una leva per lo sviluppo economico-sociale che deve arrivare in futuro. Che cosa succederà, fatte queste 15 città metropolitane, a tutto il resto dei territori? Il livello di governo regionale è troppo ampio per farsi carico di coordinare la politica economica sui territori, soprattutto in un Paese come l’Italia che anche all’interno delle singole Regioni contiene ampie eterogeneità sotto più dimensioni. Le Province potrebbero, invece, essere il giusto mesolivello tra lo Stato nazionale e i Comuni in un Paese con le caratteristiche dell’Italia.

Della legge “Delrio” si potrebbero conservare le modifiche in tema di rappresentanza. Se la funzione centrale è quella del coordinamento del territorio, allora è corretto che la Città Metropolitana o la Provincia non aggiunga un livello politico elettivo diverso, e potenzialmente anche in contrasto con quello espresso nelle elezioni comunali, ma funga da sede di incontro permanente tra delegazioni di eletti nei vari Comuni. Risponde infatti ad un chiaro principio democratico che le scelte di coordinamento e composizione degli interessi dei bacini comunali vengano discusse e adottate da coloro che negli stessi bacini sono stati investiti del mandato elettorale, a cominciare dai sindaci. È questa la modalità più capace di rendere continua e fluida la “filiera” di governo e amministrazione. Inoltre, nella misura in cui tanto più esteso e popoloso è un Comune tanto più peso gli viene assegnato nelle decisioni che riguardano il territorio, si riproduce la capacità delle grandi città di orientare e impostare il percorso della loro area metropolitana allargata.

Può apparire sgradevole invocare la modifica di una legge appena democraticamente approvata. Tuttavia, sia ha la forte sensazione che le innovazioni istituzionali che si stanno gettando non siano state sufficientemente investigate. Siccome queste innovazioni costituiranno la premessa per la nuova riforma del Titolo V della Costituzione, vale sicuramente la pena tenere alto il ritmo del dibattito non dando nulla per scontato e acquisito.