Telecom...basta chiacchiere...
Le analogie tra Alitalia e Telecom Italia sono sorprendenti: in entrambi i casi i governi passati italiani si sono opposti all’intervento da parte di stranieri per il recupero di questi campioni decaduti, con il pretesto di un patriottismo obsoleto.
Più ancora di quella di Alitalia, la deriva di Telecom Italia, in gran parte legata al peso storico di un indebitamento massiccio ereditato dalla fusione Olivetti-Telecom prima del suo passaggio a Pirelli nel 2001, illustra gli effetti devastanti del “capitalismo senza capitali” all’italiana.
Paradossalmente, uno dei paesi pionieri nella telefonia mobile (il prepagato è un’invenzione italiana) si ritrova oggi con uno dei tassi di diffusione di internet ad alta velocità più bassi d’Europa e le tariffe tra le più elevate sulla telefonia fissa.
Telecom Italia paga un tributo pesante alla sua gestione anchilosata legata ad un azionariato frammentato ed instabile.
La cosa più preoccupante è che questa cultura burocratica minaccia di conquistare l’insieme del settore della telefonia mobile, settore in cui oggi la qualità del servizio nello Stivale è caduta a uno dei livelli più bassi d’Europa.
Né protezionismo mascherato, né patriottismo da quattro soldi: oggi il “metodo Letta” assomiglia piuttosto ad un pragmatismo da ultima spiaggia.
Non è detto che si rivelerà vincente. Il peggio sarebbe cedere alla tentazione di una forma di patriottismo a buon mercato in cui si tenta prima di tutto di salvare il salvabile, senza cambiare in profondità la cultura incancrenita delle imprese in questione.