Sul'aumento del PIL...

18.08.2017 14:00

Sono stati resi noti i dati di incremento del PIL dei paesi dell'UE, ed è ricominciata la stucchevole sarabanda di dichiarazioni, trionfalistiche da un lato ("ve lo avevamo detto: i mille giorni di Renzi danno i loro frutti"), disfattiste dall'altro ("i dati non dicono la verità sulla situazione italiana, la crisi continua"), comiche talora ("è merito del caldo di giugno").
Francamente sono dichiarazioni che non soddisfano.

Intanto il PIL non ha più il valore di una volta, quando era un sicuro segnale di ripresa economica diffusa. La ragione è semplice (al di là di varie questioni tecniche che vi risparmio): mentre un tempo la redistribuzione della ricchezza funzionava bene e tutti traevano benefici dall'aumento del reddito nazionale, è da più di due decenni che la distribuzione della ricchezza funziona al contrario, aumentando ogni anno il divario fra ricchi e poveri, ma, soprattutto, impoverendo sempre più i ceti medi.
Oggi quindi l'aumento del PIL e quindi della ricchezza nazionale può avvenire anche senza che la maggioranza degli italiani se ne accorga. Che mi sembra sia quello che stia avvenendo.
In secondo luogo non si considera abbastanza l'effetto benefico su tutte le economie europee della politica monetaria espansiva della BCE, che è merito di Draghi e dei paesi che lo sostengono, nonostante le resistenze tedesche.
In terzo luogo si segnala poco il fatto che il divario con le altre economie (con l'eccezione irrilevante del Belgio) non diminuisce ma aumenta anche in questa fase.
Ciò premesso, è evidente che alcune politiche del governo hanno aiutato questa timida ripresa, ma è altrettanto evidente che i limiti strutturali dell'Italia ne hanno seriamente ridotto gli effetti benefici. Su questo c'è moltissimo da fare. E non si tratta del mercato del lavoro, dei salari o delle pensioni, su cui si concentra prevalentemente l'attenzione. I nostri problemi sono il funzionamento dello Stato (burocrazia e magistrature su tutto), le carenze infrastrutturali, non solo quelle del terzo millennio, ma anche quelle del primo millennio, come la rete idrica, la irrisolta questione della criminalità organizzata, che si intreccia con l'eterna questione meridionale, e infine, last but not least, la scuola, l'Università e la formazione professionale.
Potrei allungare l'elenco, ma credo basti a capire. Se non si iniziano a sciogliere alcuni di questi nodi il nostro destino sarà sempre quello di crescere meno degli altri quando il ciclo è favorevole, e di decrescere più degli altri quando è negativo. E in regime di moneta unica questo ci ricaccia sempre più indietro.
C'è molto altro da dire e sicuramente l'attualità ci consentirà di farlo.

Tratto da Fb pagina di GLG