Province... ed allora?

16.12.2016 22:36

Tra i nodi che la mancata riforma costituzionale lascia irrisolti, quello del futuro delle province pare tra i più urgenti e gravosi. Svuotate, nelle loro prerogative, dalla Legge Del Rio, dovevano finire cancellate, abolite, spazzate dalla faccia della terra. 

Erano state identificate, già dalla famigerata “Casta” di Stella e Rizzo, come esempio di spreco e inefficienza, massacrate da una campagna stampa trasversale senza precedenti ed erano diventate il “sacrificio sopportabile” da parte della politica nazionale: l’agnello sacrificale da immolare sull’altare dei costi della politica. In realtà, non erano altro che l’anello debole della catena della spesa pubblica, quello che si pensava di poter tagliare senza eccessivi problemi.

La riformina Del Rio ha prodotto un classico pastrocchio all’italiana, con regioni che si sono mosse in ordine sparso: chi ha lasciato alle province una funzione, chi due, chi quasi tutte; chi ha assorbito personale, chi no; per non parlare del ricollocamento del personale in sovrannumero. 

Insomma, incertezza e confusione.

Nel frattempo, alcuni consigli provinciali vanno a rinnovo. Sono oggi enti di secondo grado che vedono, come elettorato attivo, solo i consiglieri comunali e i sindaci dei comuni delle province. Le cariche sono prive di indennità, in tal modo si considerano di nessun valore le responsabilità che presidenti di province e consiglieri hanno, obbligandoli, tra l’altro, a faticose acrobazie tra ruoli e impegni diversi.

Possibile gestire funzioni importanti in questo modo? Possibile pensare che si possano programmare interventi con bilanci risicati all’osso, così come ha evidenziato il presidente UPI Achilel Variati?

Insomma, credo proprio che il rinnovato ruolo delle province dovrebbe essere, già da oggi, priorità del parlamento e del nuovo governo. Prima che sia troppo tardi.