Lo scandalo CUCCHI...
Altri due carabinieri indagati nell'ambito degli accertamenti sui presunti atti falsificati seguiti alla morte di Cucchi. Si tratta di Francesco Di Sano, carabiniere della stazione di Tor Sapienza, e del luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stessa caserma. Colombo sarà interrogato la prossima settimana dai pm. Nei giorni scorsi è stato sottoposto ad una perquisizione: l'atto istruttorio puntava ad individuare eventuali comunicazioni tra lui e i suoi superiori dell'epoca sul caso Cucchi.
Oltre al luogotenente nel procedimento risulta indagato anche Francesco Di Sano, il carabiniere scelto della caserma di Tor Sapienza che ebbe in custodia Cucchi. Il nuovo filone di indagine è stato avviato dopo l'audizione di Di Sano nel processo a carico di cinque carabinieri. Rispondendo alle domande del pm Giovanni Musarò, il militare dell'arma il 17 aprile scorso ammise di avere modificato l'annotazione di salute di Cucchi. "Mi chiesero di farlo - racconto davanti alla prima corte d'assise - perché la prima era troppo dettagliata. Non ricordo per certo chi è stato; certo il nostro primo rapporto è con il Comandante della Stazione, ma posso dire che si è trattato di un ordine gerarchico".
La vicenda penale dei carabinieri coinvolti nel caso Cucchi si intreccia con una serie di accertamenti condotti dal Comando generale dell'Arma sotto il profilo disciplinare: queste indagini sono ancora in corso.
In particolare, secondo quanto si apprende in ambienti dell'Arma, nel febbraio 2017, dopo la richiesta di rinvio a giudizio per omicidio preterintenzionale e "abuso di autorità contro arrestati", il vice brigadiere Francesco Tedesco e i carabinieri scelti Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo sono stati sospesi precauzionalmente dall'impiego, una decisione discrezionale che è stata adottata tenuto conto della particolare gravità delle accuse.
La stessa misura non è stata adottata invece nei confronti del maresciallo capo Roberto Mandolini e dell'appuntato scelto Vincenzo Nicolardi, imputati di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e calunnia aggravata, poiché per quei reati non era possibile procedere con la sospensione.
Nel corso del procedimento penale, il Gup del Tribunale di Roma ha dichiarato prescritto il reato di "abuso di autorità contro arrestati" contestato a Tedesco, D'Alessandro e Di Bernardo, pronunciando sentenza di proscioglimento. Ma con riferimento a questo reato, definito da un punto di vista penale, è stata avviata l'inchiesta disciplinare da parte del Comando generale. In particolare, il 13 aprile 2018 è stata acquisita la sentenza di proscioglimento, il 6 luglio è stata decisa e avviata un'inchiesta formale a carico dei tre militari, con la contestazione degli addebiti avvenuta fra il 9 e il 10 luglio 2018. Il termine per concludere l'inchiesta scade l'8 gennaio 2019.
D.H.P.