L'Europa non piace più...
Numeri alla mano si può dire che l'Unione Europea non piace più. Ma non si tratta soltanto degli esiti elettorali (in Lettonia, lo scorso 7 ottobre, gli europeisti hanno preso mazzate memorabili): come è noto nelle urne le cose vanno e vengono. Si tratta di dati assai più strutturali, cioè le adesioni (e le rinunce) degli Stati membri.
Proviamo ad andare indietro nel tempo di due decenni, campione significativo poiché rappresenta un terzo dell'intera storia dell'Unione. Nel decennio 1998-2008 accadono due fatti di enorme importanza, cioè l'introduzione della moneta unica (nel 2002, anche se non per tutti) e l'esplosione del numero di adesioni, con ben 12 ingressi divisi in due "lotti".
Dieci Paesi infatti entrano nell'UE a primavera del 2004 (Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria) e altri due si aggiungono nel 2007 (Bulgaria e Romania), di fatto chiudendo la burrascosa stagione apertasi con il crollo del Muro del 1989.
Insomma l'Unione Europea arriva alla vigilia della grande crisi finanziaria del 2008 più forte che mai, nel pieno della sua espansione economica e geopolitica. Dieci anni dopo però (cioè oggi) la situazione è drammaticamente diversa.
Intanto perché le adesioni si sono fermate (è arrivato l'ingresso nel 2013 della Croazia, ma poi l'uscita nel 2016 della Gran Bretagna ha pareggiato il conto) ma soprattutto si è drasticamente ridimensionato il peso economico dell'UE, poiché sono entrati i 70 miliardi di dollari di PIL croati ma sono usciti i 2.300 miliardi di PIL inglesi (seconda economia UE dopo la Germania), con evidente effetto al ribasso del valore complessivo. Inoltre si è pressoché esaurito il flusso di nuove adesioni, come dimostra l'esito di tutte le trattative aperte.
Già perché non solo c'è la volontà norvegese di stare fuori (espressa con ben due referendum, l'ultimo nel 1994), c'è anche la rinuncia dell'Islanda (formalizzata nel 2015) e c'è soprattutto l'inconcludenza esasperante dei negoziati in corso (quello con la Turchia dura da tredici anni, quello con il Montenegro da sei e quello con la Serbia da quattro), così come non sono mai iniziati i negoziati con la Macedonia (candidata dal 2005) e con l'Albania (candidata dal 2014).
È quindi del tutto evidente che l'Europa come soggetto politico integrato sta perdendo fascino, anche se nessuno mai apre questo dibattito in modo serio, perché tutti si limitano a dividere il mondo in due metà ontologicamente diverse, cioè europeisti e sovranisti.
È un modo miope e cialtronesco di ragionare, che non fa onore agli europeisti in primo luogo, i quali invece dovrebbero farsi molte domande (che evitano accuratamente) per cercare qualche risposta decente.
Faccio un esempio, così ci capiamo. Siamo proprio sicuri che non sia la moneta unica l'elemento che ha scoraggiato molti a proseguire nel processo d integrazione? Vorrei essere ancora più chiaro: io non sono certo che è tutta colpa dell'euro, ma vorrei che da qualche parte ci fosse la volontà di ragionarci su.
Se l'Europa è passata da sogno a incubo qualcosa avremo pure sbagliato. O no?
R.A.