La mafia tra di noi...
Dalle nuove fonti di energia alla Torino-Lione, dal problema dello smaltimento dei rifiuti a quello dell’abusivismo immobiliare, la mafia è sempre più presente in tutti i settori dell’ambiente. Questo è ciò che emerge dal rapporto Ecomafia, presentato per la prima volta in Francia.
34 120 crimini, 28 132 persone denunciate alle autorità, 161 agli arresti domiciliari, 8 286 pignoramenti giudiziari e un fatturato di quasi 17 miliardi di euro. È la fotografia della criminalità ambientale italiana: un gigantesco business, oggi gestito da 302 clan mafiosi.
“L’economia dell’Ecomafia – ha detto il Presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza in un comunicato stampa – è l’unica economia italiana che risulta in crescita in un contesto di crisi diffusa”.
È un’economia che nasce da una comunione d’interessi tra imprenditori senza scrupoli, sindaci e amministratori collusi, funzionari corrotti, professionisti privi di etica e boss della mafia. Falsificano documenti e bilanci e operano grazie al “dumping” ambientale, all’evasione fiscale, al riciclaggio di denaro, alla corruzione, alla compravendita di voti e alle infiltrazioni in appalti pubblici.
Non è solo l’aspetto economico dell’affare che attira la mafia, ma la prospettiva dell’impunità. Infatti, la maggior parte dei tribunali italiani riescono a sanzionare tali reati soltanto dal punto di vista amministrativo: basta quindi pagare una multa per regolare i conti con la giustizia.
La corruzione è il cuore del problema. “La debolezza strutturale della pubblica amministrazione è stata terreno fertile per la criminalità organizzata non solo per motivi economici, ma anche semplicemente per rimarcare la propria supremazia sul territorio”, ha dichiarato recentemente Valerio Valenti, prefetto siciliano.