La fine della sanità fordista e la mucca Carolina...

19.11.2017 20:13

Il discorso che si faceva qualche giorno fa sulla fine della scuola fordista vale anche per la sanità. Che cos’è infatti un ospedale se non una mega officina della fabbrica fordista dove, passando di reparto in reparto (il nome è lo stesso di quelli nelle fabbriche), un essere umano rotto, viene riparato ed aggiustato?

Come per la scuola, i successi anche in questo caso sono stati strabilianti: un allungamento senza precedenti della durata della vita e la possibilità di curare malattie sempre più complesse.
L’altro lato della medaglia è noto: una altrettanto strabiliante crescita dei costi per le indagini e le cure mediche, che rischia di mettere a repentaglio la salute dei costi pubblici.
Ecco allora che si pone il problema. Come fare per garantire un livello crescente di cure mediche ad un numero crescente di pazienti senza compromettere senza ammazzare le finanze pubbliche? In sintesi, come faccio a garantire contemporaneamente la salute dei cittadini e delle finanze pubbliche?
Anche in questo caso, come per la scuola, conviene invertire il paradigma. Domanda: ad oggi quali sono i soggetti che indossano più spesso dispositivi elettronici in grado di monitorare i propri parametri vitali? Si accettano scommesse.
I runner? No. I piloti di Formula 1? Macché. I calciatori della nazionale? Magari!
No. Ad oggi al primo posto come numero di esseri viventi che indossano dispositivi indossabili che ne monitorano i parametri vitali sono le mucche da latte. Hanno addosso cavigliere o collari che costantemente monitorano i loro parametri e inviano questi dati ad una centrale che ne tiene sotto controllo lo stato di salute così da poter intervenire prima che si ammalino.
La logica è quella dell’ “Internet delle cose” o Internet of Thing. Il concetto è semplice, un oggetto è qualcosa di inanimato. Non parla e non ascolta. Ma, paradossalmente, ha una sua vita, per il semplice motivo che si usura ed invecchia. 
Se io su quell’oggetto ci metto un dispositivo che comunica costantemente i dati che esso produce, allora posso conoscere lo stato di salute anche di un oggetto inanimato. Un esempio che vale per i grandi camion della Caterpillar che girano nelle cave di mezzo mondo come per la mia macchina. 
Se uno mette un sensore sulla cinghia di trasmissione della macchina evita che, rompendosi all’improvviso, possa procurare danni al motore.
Ora, mi domando e chiedo, se esiste già l’Internet of Thing, esiste un Internet of Animal Thing, ma perché non può esistere un Internet of Human Things da usare per la sanità pubblica?
Sia chiaro, io di medicina, pur essendo figlio di medico, non ne so assolutamente nulla. Però mi sia consentito fare questo ragionamento.
Come per il caso della fabbrica fordista, qui non si tratta solo di poter tenere sotto osservazione via webcam un paziente che se ne sta comodamente a casa sua o consegnare la terapia con un drone alla vecchietta che se ne sta sull’uscio di casa a chiacchierare con le comari. 

Si può fare di più.
Se ogni cittadino potesse essere collegato con sensori che tengono costantemente sotto controllo i suoi parametri vitali, e spediscono i dati a qualche centro che li analizza, si avrebbe la possibilità di intervenire appena il minimo problema si profila all’orizzonte. Il che vorrebbe dire che il singolo cittadino, nemmeno si ammala, non ci passa nemmeno davanti all’ospedale e al suo medico curante manda solo gli auguri a Natale. 
Ciò comporterebbe un enorme sollievo per le casse della Stato e un pieno rispetto del dettato costituzionale che fa della salute un diritto fondamentale del cittadino ed un dovere a cui lo stato deve assolvere, per ogni singolo cittadino a prescindere dalle sue possibilità economiche. È la tecnologia che può aiutarci a risolvere l’equazione, più salute per i cittadini e per le casse dello Stato.
Com’era quella reclame? Prevenire è meglio che curare. Parola della mucca Carolina.

di N.M.