La crisi araba...

09.01.2016 00:46

L’Arabia saudita, principale produttore di petrolio al mondo, è da sempre in cima alla lista nera dei Paesi che violano i diritti umani, ma ha sempre beneficiato di uno statuto speciale da parte degli Stati Uniti e di conseguenza dei loro alleati.

Negli ultimi due anni grazie allo sfruttamento da parte dell’America del cosiddetto shale oil, l’olio di scisto, il regime saudita è diventato meno importante.

I prezzi del greggio hanno iniziato a scendere e Riad ha reagito tentando il tutto per tutto: siccome i giacimenti di shale oil sono redditizi solo oltre un certo prezzo al barile, il regime saudita anziché tentare di contrastare la caduta dei prezzi con il taglio della produzione, come sarebbe stato logico, ha percorso la via inversa: l’ha aumentata nella speranza di far fallire i produttori americani.

Scommessa in buona parte persa in quanto il governo degli Stati Uniti ha fatto di tutto per non vanificare gli interessi interni dei produttori americani.

A tremare finanziariamente, invece, ora è proprio Riad, dove quest’anno è esploso il deficit pubblico e che vede compromessa a medio termine la propria stabilità economica.

Il timore è che abbiano scelto la via peggiore per tentare di uscire dai guai: quella di approfittare della propria supremazia militare per provocare una guerra con l’Iran che faccia salire il prezzo del petrolio e che si concluda con il dominio sunnita anche a Teheran e, di conseguenza, a Bagdad. 

L’Iran cosa c’entra? C’entra perchè i sauditi sono sunniti e loro sono sciiti, un dissenso paragonabile a quello che a lungo ha opposto cattolici e protestanti in Europa.

Ma soprattutto perché l’Iran proprio quest’anno è stato sdoganato dagli Stati Uniti, grazie allo storico accordo sul nucleare.

Quegli Usa che, però, assieme ai sauditi, ai turchi e agli Emirati fino a ieri hanno armato e finanziato l’Isis nel tentativo di rovesciare Assad ovvero il leader di un Paese da sempre amico proprio di Teheran.

La fine delle sanzioni ha peraltro spinto ulteriormente al ribasso il prezzo del petrolio.

Da quando Putin ha cominciato a bombardare massicciamente, l’Isis ha perso terreno e tutti hanno capito che Assad resterà al potere ancora a lungo.

E’ così svanito il sogno dei sauditi di creare uno Stato Islamico a nord (nell’area tra Siria e Iraq), che avrebbe dovuto chiudere a tenaglia l’Iran. La Russia appare più forte, l’America, in un anno elettorale, più debole mentre il prezzo del petrolio continua calare...