La Cina è vicina...
Lo Stato italiano venderà per mezzo della banca di sviluppo Cassa depositi e prestiti (CDP), una partecipazione del 35% della sua rete energetica all’impresa statale cinese State Grid International Development. Il prezzo del gruppo energetico CDP Reti sarà di almeno 2,1 miliardi di euro. L’accordo stabilisce che CDP Reti conferisca il 30% all’operatore della rete del gas Snam e una quota uguale di gestione alla rete elettrica dell’operatore Terna.
Le quote non sono abbastanza grandi da influenzare massicciamente le sorti della rete energetica. Tuttavia, l’acquisto va ad aggiungersi a una lunga lista di aziende in cui le imprese cinesi hanno investito nel quadro delle infrastrutture europee. Nel marzo di quest’anno, la banca popolare cinese ha acquisito per 2,3 miliardi di euro circa il 2% delle società energetiche italiane di Stato Eni ed Enel; in maggio la Shanghai Electric Group ha preso il 40% della Ansaldo Energia, che si occupa soprattutto della costruzione di centrali elettriche.
In realtà alla banca di sviluppo italiana CDP era stato assegnato l’incarico da parte del governo di recuperare quest’anno 11 miliardi di euro tramite la privatizzazione delle imprese statali, contribuendo così alla riduzione del debito nazionale.
Non è ancora chiaro se abbia raggiunto l’obiettivo – non solo perché mancano ancora un paio di miliardi, ma perché è ormai evidente quanto sia difficile appurare quando e in che modo la CDP sarà in grado di trasferire effettivamente allo Stato il ricavato della vendita.
Quali interessi una società statale cinese potrebbe avere, a breve e medio termine, d’investire nella fornitura in Italia di energia, qui è evidente: lo Stato, al quale appartiene pur sempre la parte più grande di una tale società e delle sue attività, ne garantisce lo sfruttamento e i relativi introiti. E ciò in un contesto di stabilità, cosa che altri ambiti d’investimento da molto non garantiscono più, nonostante il ritorno probabilmente modesto.
La rete energetica, così come le poste e le ferrovie, appartiene alla fin fine ai prerequisiti generali dell’attività economica di un Paese, senza i quali non esistono né industria né società. Detto questo, gli investimenti del settore privato raramente risultano vantaggiosi in tali condizioni: richiedono troppo capitale anticipato e i tempi di recupero sono così dilatati che senza il sostegno dello Stato nessuna strategia aziendale li considererebbe. Difatti nessuna società europea ha valutato seriamente le quote della CDP Reti – nulla di cui sorprendersi.