Hanno ucciso un sindacalista...

14.06.2018 13:50

ABBIAMO TROVATO IN RETE QUESTA TESTIMONIANZA SCRITTA DA UN NOSTRO COLLEGA. CONDIVIDIAMO.

Vengono dall’Africa occidentale, per lo più giovani (29 anni l’età media) lavorano a cottimo per 50 centesimi a cassetta se raccolgono arance o per 1 Euro/cassetta se si tratta di mandarini. In Calabria, piana di Gioia Tauro.

Oltre il 90% ha regolare permesso di soggiorno ma nessun diritto. Vivono da schiavi in baracche senza acqua, luce, gas. Meno di 3 su 10 hanno un “contratto”. Mediamente lavorano 7 giorni su 7 per 10/12 ore al giorno. Solo l’8,3% riceve una “busta paga”. (Fonte: Medici per i Diritti Umani)

Raccogliere frutta e ortaggi, tanto nella piana di Gioia Tauro quanto a Lagnasco (Saluzzo) o nel profondo nord est, è un lavoro faticoso, sfiancante.

Lo è anche se dopo 10/12 ore con la schiena piegata o le braccia alzate puoi rientrare in cascina, sederti a tavola e stenderti, poi, a letto.

Lo è anche se durante il giorno puoi bere quando la sete ti secca la gola e ti spacca le labbra.

Difficile, per noi, immaginare quanto possa diventare disumano quell’impiego se l’unica acqua disponibile, mentre sudi devastato da caldo,  insetti e fatica, è quella che ti concede il caporale. Poca, a caro prezzo.

Se dopo una giornata cominciata prestissimo e che sembra non voler finire, finalmente sali su una bicicletta sgangherata, pedali, pedali e pedali per raggiungere la tua baracca, in mezzo ad altre perse nel nulla.

Se rientrato a “casa” ti nutrirai di poco per, poi, sdraiarti a terra qualche ora a recuperare forza e volontà.

Se ricomincerai prima dell’alba seguente a pedalare, pedalare e pedalare fino all’agrumeto o fino al punto di raccolta di membra umane, dove ti aspetta il furgone del caporale che sul campo ti condurrà trattenendosi metà della tua misera “paga”.

Come e dove trovare, in quelle condizioni, la forza, la voglia, il coraggio per spremerti l’ultima risorsa di energia vitale e occuparti della tua dignità di uomo, dei tuoi diritti negati?

Come e dove trovare forza, voglia, coraggio e modo di organizzarti e organizzare: in sindacato – in azione sindacale. Per tutelare te stesso ma, soprattutto, chi come te è schiavo?

Sono giovani, certo. Sicuramente forti, molto.

Ma come e dove trovare quel coraggio, quella forza?

Sono giovani, sono forti senza essere niente. Meno di un oggetto inutile…nella considerazione che, di loro, ha la nostra indifferenza.

Ma sono giovani e hanno poche ore di buio in mezzo al nulla per sognare, per ascoltare musica, per tentare una danza, per chiamare o pensare un amore, per scrivere ad una madre, per giocare un gioco qualunque che faccia sentire d’esistere, d’essere vivi, giovani e forti.

Quanta consapevolezza, quanta dignità di uomo e di lavoratore, quanta libertà di pensiero, quanta umanità devi possedere, giovane uomo, per radunare gli altri, staccarli dall’unico bene posseduto –smartphone- distrarli da ogni sogno, ogni nostalgia e ogni desiderio dell’età, da ogni gioco possibile o immaginabile, per radunarli attorno alla debole luce di una lampada a gas, seduti a terra a discutere di  dignità e diritti, a studiare momenti e metodi di lotta, di difesa, di vita. La tua vita, la vita di quelli come te, con te. Schiavi, fantasmi, invisibili, ignoti. Indispensabili.

Lo sappiamo. Sappiamo tutto e tutto ignoriamo. Restiamo indifferenti. Volgiamo altrove lo sguardo.

Quella forza, quella consapevolezza, quel coraggio, quella dignità, quell’umanità che non riusciamo a immaginare, che ci paiono sovrumane. Quel bisogno di dare senso e giustizia al proprio esistere, quella necessità di comprendere nel proprio bisogno il bisogno di ogni altro.

Quella capacità di ribellarsi, al prezzo di ogni sacrificio, allo sfruttamento disumano dell’uomo sull’uomo…

Tutto questo: dignità, consapevolezza, umanità, determinazione,forza, coraggio apparteneva ad un sindacalista maliano di 29 anni.

Sacko Soumalya,  che sulla piana di Gioia Tauro raccoglieva agrumi e difendeva dignità e diritti, è stato assassinato da chi non poteva sopportare il suo impegno per una vita più dignitosa, più umana, più vita.

Un tempo, ormai lontano, la battaglia dei diritti contro il caporalato era un fiore all’occhiello per chiunque lottasse contro la mancanza di diritti e dignità. Un faro che ha illuminato molte lotte, rischiarato tanti orizzonti.

Oggi Sacko si è battuto ed è morto per la dignità e i diritti di ogni lavoratore e di ogni essere umano…solo, nell’indifferenza di troppi. Di tutti, forse.

Era un lavoratore, un sindacalista.  Gli hanno sparato. Col fucile. In testa.

Non dimentichiamolo. Non volgiamo, altrove, lo sguardo.

Onoriamo e tuteliamo la sua memoria, la memoria di Sacko Soumalya che ci appartiene, che è nostra e di ciascuno.

Ricordiamoci di Sacko e di tutti coloro che , come lui, hanno attraversato, attraversano e attraverseranno la Storia per darci la possibilità d’essere ciò che siamo.

Ricordiamoci di SACKO SOUMALYA e di tutti loro ogni giorno, così che ogni giorno meriti d’essere ricordato.

michele peradotto