Europa...?

07.12.2015 22:53

Uno dei più importanti cambiamenti politici e culturali che si sono prodotti in questi ultimi anni in Italia e negli Italiani è il chiaro avanzare di una forma di euroscettiscismo nel paese che è stato uno dei più ardenti e zelanti difensori della fondazione dell’Europa.

Le elezioni del 2013 hanno visto per la prima volta dei partiti d’oltralpe, come il Movimento 5 stelle, la Lega Nord e in misura minore il Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi, fare della critica all’Europa uno degli argomenti della loro campagna elettorale. I sondaggi hanno registrato questo cambiamento dell’opinione pubblica  avviato nell’ultimo decennio del secolo scorso e che si è amplificato negli ultimi tempi.

Sta avvenendo una rottura fondamentale con il profondo europeismo italiano. In effetti, all’indomani della Seconda guerra mondiale, l’Italia aveva scelto l’Europa. Il politico della Democrazia Cristiana Alcide De Gasperi, che aveva partecipato nel 1948 al Congresso fondatore dell’Aia, è stato uno dei grandi artefici dell’idea e della costruzione europea accanto ai suoi omologhi francese e tedesco, Robert Schuman e Konrad Adenauer. Così come Altiero Spinelli, vero apostolo del federalismo europeo.

La sinistra che denunciava l’Europa capitalista, atlantica e agli ordini del Vaticano le si è progressivamente allineata. Prima i socialisti, a partire dalla fine degli anni 50, poi, più tardi, i comunisti. A più riprese, i dirigenti italiani giocarono un ruolo decisivo per l’unità europea. Simbolicamente è a Roma che è stato firmato nel 1957 il trattato che istituiva la Comunità Europea. Nel 1979, il governo di Giulio Andreotti decise di far parte del Sistema monetario europeo. Sei anni più tardi, durante uno dei consigli europei a Milano, il presidente del Consiglio socialista Bettino Craxi costrinse Margareth Tatcher ad accettare di convocare una conferenza per negoziare il trattato sul mercato unico. Negli anni 90, mentre il paese entrava in una crisi profonda del suo sistema dei partiti, i governi Amato e Ciampi imposero dei sacrifici agli italiani per entrare nella zona euro.

Tuttavia, questa politica molto favorevole all’Europa ha conosciuto la sua prima interruzione con Silvio Berlusconi e le sue tre esperienze di governo nel 1994, tra il 2001 e il 2006 e dal 2008 al 2011. Il Cavaliere doveva rendersi conto delle divergenze sull’Europa in seno alla sua coalizione molto eterogenea che comprendeva degli euro-scettici dichiarati a cominciare dalla Lega Nord. Oscillava tra una politica pro-europea in continuità con la Prima Repubblica, denunce di “diktat di Bruxelles” e un avvicinamento a Londra e Washington. Di contro, il centrosinistra, e in particolare uno dei suoi leader emblematici, Romano Prodi, ogni qual volta era al potere (tra il 1996 e il 2001 e dal 2001 al 2006), ricominciava con un impegno pro-europeo marcato. È stato lo stesso con Mario Monti ed Enrico Letta, europeisti convinti. Matteo Renzi da parte sua ha denunciato la politica dell’austerità e fustigato l’egoismo e l’indifferenza delle istituzioni europee riguardo ai migranti: ma si è chiaramente pronunciato come i suoi predecessori a favore degli Stati Uniti d’Europa durante il voto del 2014 per eleggere i parlamentari di Strasburgo e a più riprese in seguito. Tuttavia, questa formula sembra ormai vuota e non suscita più l’adesione dei suoi compatrioti.

Che cosa è dunque successo? Gli italiani, come tanti altri europei, sono ovviamente delusi dalla situazione economica, dalla disoccupazione, dall’accentuarsi delle ineguaglianze di ogni genere. Come tutti gli europei, constatano l’incapacità dell’Europa di adottare una politica comune su problematiche essenziali, come ad esempio l’immigrazione. E come tutti gli europei, subiscono l’assenza di trasparenza degli organismi europei, l’opacità delle procedure di discussione e di decisione, l’assurdità della pioggia di norme e regolamenti chevengono loro imposte nella vita quotidiana.

Che succederà in futuro? Nessuno può dirlo ma tutto lascia presagire che lentamente ma sicuramente la sfiducia verso l’Europa e l’euro crescerà ancora in Italia. Molto dipenderà dunque dall’atteggiamento dei dirigenti italiani ed europei. E soprattutto dai risultati delle loro politiche in favore della crescita. Infine, dalla loro capacità o meno di rilanciare l’Europa come ideale. Si può dunque essere legittimamente preoccupati.o politiche in favore della crescita. Infine, dalla loro capacità o meno di rilanciare l’Europa come ideale. Si può dunque essere legittimamente preoccupati.