Effetto Renzi... alle regionali...
Il Pd passa dal 25,9 di Bersani (alle regionali del 2010) al 25,2 di Renzi di oggi.
Un primo termine di paragone, per capire la portata della battuta d’arresto, sono le Europee dello scorso anno, quelle del 40 per cento in cui il Pd risultò “il partito più votato d’Europa”. Secondo l’analisi dell’Istituto Cattaneo di Bologna, sui dati definitivi, il Pd ha perso oltre due milioni di voti: “Questo risultato negativo – scrive l’Istituto Cattaneo – può essere attribuito solo in parte al fenomeno delle cosiddette liste del presidente”.
Le “civiche”, infatti, non sono solo molto “disomogenee”, ma in alcune regioni come Toscana, Umbria e Liguria non ci sono e il Pd ottiene, secondo il Cattaneo, “risultati deludenti rispetto al passato”.
È chiaro che i risultati vanno incrociati anche col crollo dei livelli di partecipazione, ovvero col boom dell’astensione, oltre il 50%(sommando non votanti e schese nulle e bianche), sia rispetto all’anno scorso sia rispetto alle politiche del 2013.
Rispetto alle regionali 2010 i candidati delle coalizioni di centro sinistra arretrano dappertutto: Liguria 27,8% nel 2015 contro il 52,1% del 2010; Veneto 22,7% (29,1%); Toscana 48,0% (59,7%); Marche 41,1% (53,2%); Umbria 42,8% (57,4%); Campania 41,0% (43,0%); Puglia 47,3% (48,7%).
Per quanto riguarda il voto alle liste del PD, nel 2015, dopo il travolgente risultato delle Europee 2014, si registra un aumento rispetto al 2010 soltanto in due regioni: la Toscana, dove passa dal 42,2% al 46,3% e nelle Marche dal 31,1% al 35,1%.
I democratici calano, invece, nelle altre cinque regioni: Liguria (25.6% contro 28,3%), Veneto (16,7% rispetto al 20,3%), Umbria (35.8% - 36,2%), Campania (19,8% - 21,4%), Puglia (19,3% - 20,7%).