C'è molto da fare...
Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione economica e lo Sviluppo (OCSE), i Neet (neither employed, nor in education or training), “né scuola, né formazione, né lavoro”, rappresentano l’11,5 % dei giovani italia fra i 15 e i 24 anni.
La compagnia di assicurazione crediti Euler-Hermes calcola che, portando la fascia d’età ai 34 anni, questa cifra schizza al 27%. Un record nella zona euro che solo la Grecia riesce a con il 28,4%.
La situazione di questi scoraggiati è ancora più preoccupante che in Spagna, dove i Neet rappresentano il 6,4% dei 15-24enni e il 23,8% dei 15-34enni. Il tasso di disoccupazione dei giovani spagnoli, a più del 56% è tuttavia uno dei più inquietanti d’Europa.
“Una delle ragioni è che, fino alla riforma del mercato del lavoro del 2012, i giovani in Italia avevano difficilmente accesso al sussidio di disoccupazione”, spiega Stefano Scarpetta, dell’OCSE. “Da allora dubitano che lo Stato possa essere loro d’aiuto.”
Anche la struttura del sistema educativo, troppo accademica e poco valorizzata dal mondo dell’impresa è in discussione, secondo quanto ritiene Tito Boeri, professore di economia all’università Bocconi di Milano. In Italia non esiste l’equivalente del “bac pro” [Diploma di qualifica professionale] o del CAP [Certificato di idoneità professionale], né del sistema di stage nelle imprese.
Infine, la rigidità del mercato del lavoro penalizza i nuovi arrivati. Ottenere un contratto a tempo indeterminato è una battaglia persa in anticipo per i giovani.
Il governo di Enrico Letta ha tentato di facilitare le assunzioni, soprattutto per i contratti precari, ma resta molto da fare.