Brutta aria italiani...
In Italia, ancor più che nel resto d'Europa, esattamente come negli anni '20 del secolo scorso, si respira un'aria mefitica.
Il disprezzo per le istituzioni, il dileggio per la politica e per quelli che ad essa si dedicano (a prescindere, direbbe Totò), la diffusa convinzione della inutilità della democrazia e l'esigenza dell'uomo forte, che ci guidi verso un futuro migliore. Il fastidio per le fatiche del dialogo, la noia per i ragionamenti troppo complessi, o semplicemente non riassumibili in un tweet.
Lo squadrismo mediatico, l'uso di un linguaggio insultante e aggressivo.
E' un malessere diffuso, che scoraggia molti e che non ha anticorpi sufficienti.
E qui l'analogia con i tempi della crisi dell'Italietta liberale di cent'anni fa a me sembra inquietante.
E' ovvio che mai un fenomeno si ripropone negli stessi termini. Ma è pericoloso sottovalutarlo.
Né vale spiegarlo con le buone ragioni che spingono verso il malcontento e la protesta.
Correggere le iniquità o le inefficienze della nostra democrazia, reagire ai guasti di un liberismo senza contrappesi è cosa diversa dall'atteggiamento indulgente che ormai troppi hanno verso il populismo montante.
Anche allora il fascismo era moderno, rispetto ai parrucconi liberali, anche allora i futuristi parlavano di velocità nuova, adatta a tempi nuovi, e anche allora alla base del fascismo, che fu vicenda complessa e non tutta da buttare, vi era l'emergere di nuovi ceti e un consenso popolare ampio, che comprendeva una parte non piccola di proletariato e ceti medi.
Purtroppo si sa come andò a finire.
Oggi sono altri tempi, ma la democrazia è una creatura fragile, soprattutto in un paese come il nostro, e preoccuparsi è doveroso.
Difendere i principi fondamentali, evitando che vengano spazzati via come ferrivecchi, è ciò che molti non fanno più, per viltà o per opportunismo.
GLG