Anniversario dell'Euro....

04.01.2017 22:44

 

Un po' di storia. Le radici del progetto affondano nel Trattato di Maastricht, datato 1992, nel quale si stabilisce che i Paesi interessati a unirsi al club monetario dovevano prefiggersi un rapporto deficit/Pil inferiore al 3% e un rapporto debito/Pil inferiore al 60%. 

Per vigilare sul raggiungimento di questi obiettivi, cinque anni dopo viene firmato il Patto di stabilità e crescita, tuttora alla base delle revisioni di bilancio e delle raccomandazioni in materia fiscale fornite alla Ue ai suoi Stati membri.

Il 1998 è quindi l'anno in cui la Banca centrale europea stabilisce il cambio fisso tra le allora monete nazionali e l'euro. Mentre la nascita ufficiale della moneta unica - che vede la partecipazione di Belgio, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Olanda, Austria, Portogallo e Finlandia - è datata 1° gennaio 1999. 

Due anni dopo, e siamo appunto nel 2002, ben 300 milioni di cittadini in 12 Paesi iniziano a utilizzare l'euro in forma di monete e banconote. Tempo un anno ancora e Francia e Germania rompono il patto di stabilità: la procedura d'infrazione, però, non fa il suo corso. Le scosse più dure, per la moneta Ue, devono comunque ancora arrivare. 

Nel 2007, la crisi dei mutui subprime statunitense sbarca in Europa sotto forma di crisi dei debiti sovrani: la parola "salvataggio" inizia a essere pronunciata nelle riunioni dell'Eurogruppo. Seguono le ben note vicende della Grecia, ma anche le peripezie affrontate da Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro. 

Difficoltà che negli anni hanno accresciuto le divisioni tra i cittadini dei Paesi creditori e quelli dei Paesi debitori, esacerbate dalle forze eurofobiche e - solo sei mesi fa - dalla decisione del Regno Unito (che pure dell'eurozona non ha mai fatto parte) di lasciare la Ue. Una scelta che non ha mancato di rinfocolare i timori delle piazze finanziarie mondiali rispetto alla stabilità del blocco. In un momento storico in cui, tra l'altro, si attendono le prime mosse da presidente di Donald Trump, che in campagna elettorale non ha nascosto la propria propensione al protezionismo.

 La moneta unica quindi compie quindici anni. Ricordate il mantra di Romano Prodi? “Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”. In Italia di lavorare meno non se ne parla, o meglio non si lavora proprio vista l’impennata della disoccupazione e l’aumento del 30% dei precari. Sul guadagnare siamo, dati alla mano, messi un po’ meglio, raffronto che però diventa impietoso in riferimento al potere d’acquisto

E’ vero che quest’ultimo è cresciuto più dell’inflazione ufficiale, la quale però emerge da un paniere necessariamente ampio ed inclusivo e che dunque, per forza di cose, non può comprendere tutto. Basti pensare, a tal proposito, alle polemiche che si sollevano in merito all’affidabilità tout court dei dati quando l’Istat adegua la composizione dei beni che formano l’indice: nel 2016, a titolo di esempio, sono entrati nel calcolo i tatuaggi e i leggings da bambina, prodotti sicuramente di largo consumo o diventati tali ma che non rappresentano spese da tutti i giorni. 

Proviamo a tracciare un bilancio delle spese correnti, quelle fatte più volte durante l’anno se non durante i mesi o addirittura le settimane, per capire se davvero l’euro è convenuto alle nostre tasche. Scendendo nel dettaglio, prima del 2002 avremmo pensato di pagare quasi 2000 lire per un caffè? 

Sicuramente no, eppure molti bar hanno già superato la soglia psicologica dell’euro a tazzina, portando il prezzo a 1,10 o addirittura in certi casi a 1,20€. Non va meglio per il cinema, che dalle 10mila lire (in media) ante primo gennaio 2002 supera oggi gli 8-8,5 euro. Più che raddoppiata la pizza: con 5mila lire si mangiava una margherita che ora trovare a meno di 5/6 euro è impresa ardua. 1500 erano le lire per acquistare un quotidiano in edicola, mentre oggi a meno di 1,5 euro non si porta a casa nulla. 

Calano invece, di parecchio, i prezzi degli apparecchi elettronici: un moderno televisore HD costa la metà rispetto ad un vecchio tubo catodico, stesso discorso per i telefoni cellulari. Ma va considerato il fisiologico sviluppo della tecnologia che permette di ridurre i costi di produzione, andamento che a cascata si riflette poi sui prezzi. Discorso diverso – e torniamo agli aumenti – per bollette e utenze, che nonostante le supposte virtù taumaturgiche dell’apertura al mercato hanno visto rincari consistenti, che vanno dal +60% per la luce a sfiorare il +100% per il gas. 

E’ aumentata pure la benzina, dalle 2mila lire agli attuali 1,5 euro (ma ha sfiorato i 2, ricordate?), anche se qui contano più altre dinamiche legate all’ottovolante del prezzo del petrolio. A proposito: ma con l’euro, la moneta forte per eccellenza, non dovevano costare meno la materie prime?