Abbassare l'età pensionabile...
Uno dei temi caldi della trattativa per la creazione del nuovo Governo riguarda il capitolo pensioni e la riforma della legge Fornero.
Una revisione e non una cancellazione del regime attualmente in vigore, che di fatto prevede un'uscita dall'attività a 67 anni, livello ben più alto della Germania, potrebbe riuscire a coniugare le esigenze dei due elettorati di Lega e Cinquestelle e in fondo il bisogno di tutti: sbloccare le porte girevoli dell'accesso al mondo del lavoro e formare per tempo un bacino per pagare le pensiini nei prossimi 40 anni. In questo senso andrebbe seriamente presa in considerazione l'ipotesi di istituire una quota 100, permettere cioè di accedere all'assegno dell'Inps a chi ha 64 anni anni e ha versato almeno 36 anni di contributi, oppure direttamente a chi ha già pagato 41 anni di contributi.
Con le dovute accortezze e coperture, si tratterebbe di rimettere in moto quel turn over naturale nel settore privato da tempo bloccato che è risultato di fatto impermeabile al Jobs Act e all'Ape.
Un tecnico della materia come Alberto Brambilla ha stimato che un'operazione del genere costerebbe circa 5 miliardi l'anno.
Potrebbe essere finanziata dimezzando quei 10 miliardi di incentivi alle imprese che ogni anno lo Stato elargisce senza essere davvero sicuro che servano alle imprese, come dimostrato dal rapporto Giavazzi ai tempi del governo Monti.
Rivedere la Fornero sarebbe quindi una retromarcia razionale, meno costosa di altri programmi e per nulla disonorevole.
Se si paga un salario a chi non lavora si crea disoccupazione. Se si abbassa l'età pensionabile senza aumentare il debito, l'occupazione sale. Perché non provarci?